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LA TRAGEDIA DI UN UOMO RIDICOLO Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 3 dicembre 1981
 
di Bernardo Bertolucci, con Ugo Tognazzi, Anouk Aimé, Laura Morante; Victor Cavallo, Vittorio Caprioli, Olimpia Carlisi, Renato Salvatori (Italia, 1981)
 
L'ultimo film di Bernardo Bertolucci inizia raccontando una storia, e nel modo più chiaro possibile. Tognazzi è un industriale del formaggio, nel Parmense. Assiste, da lontano, al rapimento del figlio, Qui inizia il suo crollo; e quello delle strutture del film.

Il protagonista perde il senso esatto dei valori che lo circondano: la famiglia, il lavoro, la morale. La logica del racconto, egualmente, si sfalda: tanto che ci sfiora il dubbio che sia stato addirittura il figlio ad organizzare il rapimento per chiedere il riscatto al padre.

In questo sfaldamento molteplice del film sta, al tempo stesso, il suo interesse ed il suo limite. Il coraggio di uscire dal tradizionale, ed il rischio di vedersi sfuggire dalle mani una creazione articolata.

Al film di Bertolucci bisogna riconoscere innanzitutto questo coraggio: di voler segnare una svolta, un rinnovamento. Per un autore che stava impantanandosi in modo pericoloso sulla strada di un certo simbolismo di maniera, alla ricerca di un mito sempre meno pubblico è sempre più privato (Novecento, La luna), questo ritorno alla terra, alla sua Parma d'origine, è un fatto consolante.

La reazione immediata al film (e a Cannes c'è stata una clamorosa unanimità in questo senso) consiste nel dire che la seconda parte del film è completamente sbagliata a livello di sceneggiatura: confusione nello sviluppo della "storia" significherebbe fallimento dell'opera. Tradurre la confusione politica, sociale e morale italiana nei confronti del terrorismo, in confusione "di racconto", sarebbe una soluzione di comodo adottata da Bertolucci.

Ma è anche interessante rovesciare il punto di osservazione: Tragedia di un uomo ridicolo traduce il rifiuto di una logica, quella che l'Italia di oggi ha assunto nei confronti della violenza. Impregnato della medesima utopia di certi personaggi di Novecento l'Ugo Tognazzi del film cercherà di spezzare, in modo altrettanto utopistico, una certa logica del sistema: cercherà di trasformare l'avvenimento tragico del rapimento del figlio in qualcosa di positivo, la salvezza della propria industria, del lavoro dei suoi operai.

Tragedia è un film nel quale si entra con una lettura classica, e dal quale si esce soltanto in chiave barocca. A seconda di quanto uno spettatore chiede ad un film questo potrà soddisfarlo o meno. Film di coraggiose anticonformismo o, più semplicemente, film sbagliato? Rispondere è ancora più difficile che voler spiegare la "storia" di questa Tragedia, già contraddittoria nel suo titolo. Per il suo contatto con la terra ricorda Strategia del ragno, per il suo finale in musica e in ballo quasi tutti gli altri film di Bertolucci. Per spiegarne la logica occorrerà, forse, attendere.


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